Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri
Da molto tempo si lamenta mancare all’Italia una compiuta storia delle arti belle, che nello svolgimento dei fatti e nel modo estetico di
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amico sincero: il quale per rivendicarlo dall’oblio immeritato ne scrisse una bella memoria biografica. E veramente fu degno di lode, perchè ebbe nell
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rispondere ad un partito grandioso e ad una ricca decorazione, seppe cavare un’opera, che che voglia dirsene, per molti pregi mirabile. Nel 1839
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cisterne e frequenti cascatelle. Ivi si versano in un grande ricettacolo rotondo tutto di pietra e decorato di una cupola, dal quale passano sopra
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, nelle fabbriche che fece cercò sempre la purezza delle linee e una certa tal quale grandiosità che ricorda l’antico. Le principali sono in Firenze
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abilità nel modellare in creta, fu per generosa protezione di una nobile famiglia allogato a studio in Firenze presso lo Spinazzi; indi passò a Roma a
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affetti terreni, pure non ti offende; poi quel gruppo veramente sublime della Carità (1824), rappresentata in una donna d’alto lignaggio, come la dicono le
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esempi; per virtù dei quali solamente educò tra noi una scuola che non teme rivali.
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rinomanza. Il nome del Pampaioni si fece noto circa il 1827, per un piccolo monumento commessogli da certo signore pollacco a cui la morte aveva rapito una
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, nel 1820 ottenne la pensione di Roma. Di là inviava le copie del Mosè di Michelangiolo e di un leone del Canova, poi una sua vaghissima Leda. E
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una delle artistiche cose più belle di quella mostra solenne. Del Gostoli vogliono anche essere ricordate la statua del Galileo posta (1840) nella
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chi reggeva il paese, di erigere una fonderia, gettò in bronzo una statua di tutto rilievo che fu la Diana succinta, trovata a Gabi. Riprodusse quindi
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artificiale è una prova che voi riunite il doppio merito di dotto anatomico e di abilissimo disegnatore.» Pure retribuito sempre come un semplice
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di Londra una sua figura muliebre decomponibile, GIOVANNI LUMINI stato prima scultore, e CARLO CALENZUOLI che tutti supera in abilità, e può dirsi
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vero risiede, volle seguitare i più strani capricci, e si ridusse una matta convenzione, quasi diremmo una parodia. Pietro Leopoldo I, salito al trono
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Ma prima di lasciare la scultura e le arti che hanno con essa una più stretta attinenza, non vogliamo passare sotto silenzio quelle dell’intaglio in
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tempo, a noi basterà ricordare una delle opere sue tenute allora più belle, quella macchinosa cupola della basilica di San Lorenzo, certi dell’aver
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Arti. Ma oltre la fama che gli venne dalle opere numerose, meritò onorato ricordo, per aver trovato una certa terra verde mare, da cui si cava quel
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una volta, ecco come si opera. Guai ai maestri dell’arte che disputano e scrivono, soleva dire il Canova, è segno che non osano e non sanno fare.
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appena, il Benvenuti venne chiamato a dirigere la nostra R. Accademia. E da quel tempo può dirsi che incominciasse per l’arte una nuova èra. Abbandonati i
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suo cinto maraviglioso; la stessa sposa di Giove che risveglia il sonno nella sua grotta, e quel terribile Aiace che scaglia una gran pietra sopra
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Edipo dall’albero ove era stato appeso (1815), e una Vergine orante col putto (1816). Diversi freschi fece poi in quella città e in Toscana; ricordo
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province italiane e delle nazioni sorelle1. Intendemmo dunque scrivere una succinta relazione e niente altro: se in avvenire, la buona ventura ci seconderà
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. E il progresso ha da considerarsi in lui tanto maggiore, quanta più verità e studio della natura traspare nelle sue opere. Oggi una lodevole scuola
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altri suoi quadri. Si vedano la morte di Zerbino, soggetto tratto dall’Ariosto, e quella tempesta che ricavò da una comparazione dell’Alighieri nel
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’Apelle, ai Pitti, la caduta dei gravi nella Tribuna di Galileo, quella stupenda Follia che guida il carro d’Amore in una sala del palazzo Gerini in
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sante. Pure anch’esso dovè pagare il tributo all’età, e fece di principio coi soliti metodi le solite mitologie, come in quel grandioso sfondo in una
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una delle lunette della sala ove lavorava suo padre, Ettore che arsa una nave greca e cosi adempiuto il decreto dei fati, viene da Aiace Telamonio
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Russia. Tornato in Toscana, dipinse in Firenze una sala nella reggia dei Pitti, e un fresco nella chiesa della SS. Annunziata, esprimente la resurrezione
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la facciata della chiesa di San Marco fatta nel 1777. Il primo è una poco lodevole imitazione di quello costantiniano di Roma, con l’aggiunta di goffi
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bulino degno di ricordanza onorata. Vero è che le opere sue e dei suoi contemporanei, in mezzo a molti pregi, risentono di una certa tal quale asprezza
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vuolsi, ma più infelice. Dato saggio della sua abilità nell’intagliare in rame, con alcuni pensieri che fece per una raccolta pubblicata dal pittore Anton
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in rame nell’Accademia fiorentina di Belle Arti (1800), e da Maria Luisa quello di conservatore del Camposanto di Pisa (1807); dove aperta una scuola
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Sacramento di Bolsena, da una delle grandi lunette che il medesimo Raffaello dipinse in Vaticano, poi il Parnaso del Mengs nella villa Albani (1784), la
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sopra forme di zolfo in modo da assomigliare al marmo pario e ai più duri alabastri. Di questa sua scoperta, che avvivò in quei luoghi una nuova
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Maddalena di Carlo Dolci, una Madonnina pel Villardi, e la Beatrice Cenci da Guido. In questo, mancato il Morghen, parve a Ferdinando III fosse degno di
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; intorno alla più vera effigie della quale lesse (1824) nella Società Colombaria, a cui appartenne, una bella ed erudita memoria. — GALGANO CIPRIANI
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Ma l’allievo del Morghen che più sali in fama tra noi, e che oggi è capo di una bella e fiorente scuola d’incisori, è Antonio Perfetti di Firenze (n
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E primo ricordato tra i suoi allievi vogliamo che sia PIETRO NOCCHI di Firenze (n. 29 giugno 1823, m. nel dicembre 1857). Le due Madonne, una detta
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appresso di tutti il desiderio nostro ardentissimo di deporre una fronda sull’altare di questa bella e gloriosa terra toscana, cultrice antica e
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giardino di Boboli ed è chiamata della Meridiana, una delle cose sue più stimate, e da paragonare solamente a quelle dei migliori tempi dell’arte. Fece
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